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Le sagre capoterresi no-sense

Ci sono le sagre. E poi ci sono le sagre capoterresi. Uniche nel loro genere, per fortuna. Perché una sagra è un evento che ha come obiettivo promuovere la cultura enogastronomica di un territorio, coinvolgendo i residenti e i turisti sulla base della cultura locale, del cibo artigianale, dei prodotti locali e della socializzazione. Capoterra supera queste basi e va oltre grazie alla dabbenaggine di alcuni amministratori. I quali, pur di "accontentare" l'elettorato, si inventa feste il cui unico scopo è quello di far dimenticare le bollette della TARI in consegna in questi giorni. Lo scorso anno l'Amministrazione, in collaborazione con la Proloco, hanno promosso la "Sagra della vitella". Un evento fine a sé stesso. Capoterra, infatti, non ha nessuna tradizione in questo senso. Allevamenti di bestiame, a parte i pochi allevatori ovini, non se ne vedono proprio. Non ci sono fattorie o praterie dove brucano mandrie di bovini. Fu una festa organizzata a Su Loi, forse con l'intenzione di attirare più gente possibile, dove nessuno ha spiegato ai pochi presenti la storia o la cultura dell'evento.

Gli avventori si ritrovavano a mangiare vitella, di provenienza sconosciuta ovvero non certamente di Capoterra, come in una normale trattoria. Poi, i geniacci di Capoterra, quelli del club 64% per intenderci, si sono inventati la sagra del cinghiale. Anche in questo caso in collaborazione con la Proloco, perché il Comune ha fatto sapere di non avere un euro in cassa. Anche in questo caso, fatta eccezione per i fanatici della caccia domenicale, a Capoterra non si è mai sentito di piatti tipici a base di cinghiale. Perché il senso di una sagra è proprio questo: coinvolgere i residenti, come dicevamo in apertura articolo, per proporre pietanze a base di prodotti locali, partendo da una base storica. Come per la sagra della vitella, la gente si è ritrovata a sgomitare in una Piazza Liori dissestata, ingolfandosi di pasta e arrosto. Organizzazione improvvisata, nessuna informazione a riguardo, tutti che mangiavano senza aver capito un cazzo del senso della "sagra". L'importante era riempirsi la pancia a costi irrisori. A fine serata gli immancabili fuochi d'artificio, il cui senso è ancora lì in cerca di essere capito, soprattutto dagli animali terrorizzati. Forse vista l'inutilità di promuovere una sagra-no-sense l'unico sistema era far alzare gli occhi al cielo. Una sorta di sorbetto per aiutare la digestione.
Fuochi artificiali che, tra l'altro, vengono sempre più contestati dalla popolazione, soprattutto se fattti esplodere alle 23.30. Capoterra ha una lunga tradizione di vino, dolci, malloreddus e panada: su questa base l'Amministrazione dovrebbe promuovere un evento annuale per attirare turisti ma, soprattutto, coinvolgere i residenti. In tanti, infatti, si adoperano nella preparazione artigianale di questi prodotti, richiestissimi e apprezzati in tutta la Sardegna. Inoltre, tanti sono i ragazzi che si dilettano nella musica, suonando in bande musicali di vario genere, che arricchirebbero le serate a tema. Spiegarlo a chi fa spallucce, rintanandosi dietro un classico "non ci sono soldi", è tempo sprecato. Che tristezza.